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martes, 29 de noviembre de 2011

PER SEMPRE NEI NOSTRI CUORI !



Il simbolo di ANPI SPAGNA dedicato alla XII Brigata Internazionale Garibaldi, i valorosi combattenti che accorsero in difesa della Repubblica Spagnola attaccata da Franco

domingo, 27 de noviembre de 2011

ANPI SPAGNA AL CONVEGNO ORGANIZZATO DA ALTRA ITALIA A BCN


«Nella vita talvolta è necessario saper lottare, non solo senza paura, ma anche senza speranza» Sandro Pertini, Un partigiano come presidente
Buon pomeriggio a tutti,
le tematiche trattate e lo spirito che pervade i lavori di questo convegno,  sono senz’altro condivisi dall' ANPI SPAGNA,  “XII Brigada Internacional Garibaldi”, alla sua prima uscita pubblica come neonata sezione spagnola  dell’ Associazione Nazionale Partigiani d’Italia.
L’ANPI fu costituita il 6 giugno 1944 a Roma dal CLN del Centro Italia mentre nel Nord della nostra Penisola era ancora in corso la guerra di Liberazione.   L’associazione riuniva inizialmente uomini e donne  partigiani nella Resistenza contro l’occupazione nazifascista.  Suo scopo principale  era quello di restituire al Paese una piena libertà, favorendo un regime di democrazia  volto a  impedire  il ritorno di qualsiasi forma di tirannia e assolutismo.  Successivamente, con la riconquista delle libertà democratiche e con l’avvento della Repubblica, l’impegno dell’ANPI è proseguito, con identica determinazione morale, in difesa della Costituzione e delle istituzioni democratiche. Nella lotta alle nuove (molte) forme di fascismo,  l’ANPI ha trasposto, perpetuandoli, i valori e gli ideali che mossero  il nostro Paese alla Resistenza  e alla Liberazione dal nazifascismo. Il ruolo dell’'ANPI va quindi ben oltre quello, sia pur imprescindibile, di conservazione della memoria storica della nostra Resistenza. A riprova di ciò, il fatto che gli iscritti (oltre  100 mila, con un’adesione importante anche da parte dei più giovani)  sono in costante aumento, nonostante la scomparsa degli ultimi partigiani combattenti. 
I partigiani non muoiono” sottolineava Raimondo Ricci, presidente nazionale dell’Associazione, durante l’ultimo congresso nazionale svoltosi quest’anno a Torino. In tal senso va intesa la decisione di modificare lo statuto dell'ANPI circa un quinquennio fa, permettendo l'iscrizione (in qualità, appunto di "antifascisti") a tutti coloro che intendono impegnarsi per conservare, tutelare e diffondere i valori dell’antifascismo. 
ANPI Spagna, con sede a Madrid ma con iscritti in tutta la penisola Iberica, incluso il Portogallo, è nata ed opera proprio con questo spirito. Sensibile, alle istanze e alle rivendicazioni degli Indignados, ANPI Spagna è orgogliosa del fatto che i valori da essa  tramandati e difesi  siano alla base del movimento iniziato nella Puerta del Sol. Tra gli ispiratori c’è  infatti Stéphane Hessel,  un ex partigiano membro della Resistenza francese. Sopravvissuto alla deportazione al campo di concentramento di  Buchenwald e membro della commissione redattrice della dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo,  questo veterano di 94 anni con il suo libro- appello  “Indignez-vous”( che ha ispirato poi il nome del movimento), ha esortato le nuove generazioni ad indignarsi perché “il motore della Resistenza era l’indignazione”, e perché’ “l’indifferenza è il peggiore di tutti gli atteggiamenti”.  Alla luce delle vicende politiche che stiamo vivendo e sulle quali l’Associazione esprime la sua nota di preoccupazione, la  riflessione di Antonio Gramsci sul tema dell’indifferenza appare più che mai lucida e attuale: “Ciò che succede, il male che si abbatte su tutti, avviene perché la massa degli uomini abdica alla sua volontà, lascia promulgare le leggi che solo la rivolta potrà abrogare, lascia salire al potere uomini che poi solo un ammutinamento potrà rovesciare.
Chi vive veramente non può non essere cittadino e partigiano. L’indifferenza è abulia, è parassitismo, è vigliaccheria, non è vita. Perciò odio gli indifferenti.”
 L’ANPI ha seguito  con viva partecipazione le tante vicende che hanno segnato la storia del nostro Paese, contrastando tutti gli attacchi alla Costituzione e alle Istituzioni democratiche e opponendosi a tutti i  tentativi, più o meno mascherati, di revisionismo storico di questi ultimi anni.  Per esempio la battaglia contro il progetto di legge 1360/2008, fortunatamente bloccato, con cui il dimissionario Governo intendeva equiparare i repubblichini di Salò ai partigiani,  istituendo una medesima onorificenza per entrambi.  Sempre in difesa della memoria, l’impegno dell'ANPI si è poi profuso contro la proposta di legge Fontana (n.3442/2010), il provvedimento che di fatto  prevede il riconoscimento della personalità giuridica anche per le associazioni dei combattenti di Salò. La dura  opposizione dell’ANPI contro la legge Fontana ha avuto il sostegno, tra l’altro,  di molti Comuni italiani. Nell'agosto 2011 si è poi conclusa con esito positivo la  battaglia per ripristinare le festività civili del 25 aprile, 1 maggio, 2 giugno, minacciate di essere cancellate dalle manovre finanziarie.  Ricordiamo infine il sostegno dato alle vittoriose campagne referendarie. 
Convinti che il futuro appartenga alla non violenza perché,  come  diceva  Sartre, il ricorso alla violenza  contro la violenza è l’unico mezzo sicuro per perpetuarla, concludiamo il nostro intervento con una citazione di uno dei nostri migliori presidenti della Repubblica, partigiano, Sandro Pertini (alla cui memoria ANPI Spagna dedicherà una targa, nella Piazza Sandro Pertini di Madrid, in collaborazione con il vicinato) «Giovani, armate il vostro animo di una fede vigorosa: sceglietela voi liberamente purché la vostra scelta presupponga il principio di libertà, se non lo presuppone voi dovete respingerla, altrimenti vi mettereste su una strada senza ritorno, una strada al cui termine sarebbe la vostra morale servitù: sareste dei servitori in ginocchio, mentre io vi esorto a essere sempre degli uomini in piedi».
Per sostenere l’Associazione in questi giorni è in corso la campagna di tesseramento 2012. I recapiti sono:

                  anpispagna@gmail.com

                  su Facebook: ANPI SPAGNA


Grazie a tutti

Cristina Visentin
ANPI SPAGNA

martes, 8 de noviembre de 2011

¡¡¡ HASTA SIEMPRE ONORINA !!!



DA www.enciclopediadelledonne.it

Luigi Cesareo

Onorina Brambilla Pesce

Milano 1923 - 2011


«Avevamo tutti un nome di battaglia, io mi ero scelto Sandra; ho fatto una ricerca: mentre gli uomini partigiani si sceglievano nomi fantasiosi, Tarzan, Saetta, Lupo, la maggior parte delle ragazze avevano nomi normali...Elsa... ecco, il massimo era Katia!»[1] 
Di famiglia antifascista e comunista, abita con i genitori e la sorella Wanda in una casa di ringhiera ai Tre Furcei, quartiere operaio di Lambrate a Milano. Il padre Romeo, “specializzato” alla Bianchi, fabbrica di biciclette, rifiuta di prendere la tessera del partito fascista; ne conseguono anni di disoccupazione e miseria.
Con la guerra di aggressione all'Abissinia, nel 1935, viene però a mancare la mano d'opera ed è assunto alla Breda. La madre Maria (il suo nome di battaglia negli anni della Resistenza sarà Tatiana) insegna alle figlie Onorina e alla più piccola Wanda a dubitare della propaganda del regime; è operaia, prima alla Agretta, nota per le bibite, e poi alla Safar che produce radio: «Aveva una voce così bella che veniva chiamata a cantare per testare certi microfoni». Desidera per la figlia l'istruzione che la allontani dal duro lavoro della fabbrica.
Onorina frequenta per tre anni una scuola professionale; le piacerebbe continuare a studiare ma i genitori possono solo iscriverla a un corso trimestrale di stenodattilografia dopo il quale, a 14 anni, deve cercare un lavoro.
Viene assunta dalla Paronitti come impiegata: «Non arrivavo neanche alla scrivania e i colleghi mi chiamavano Topolino, dovevano mettermi dei cuscini sulla sedia per alzarmi».
Dal 10 giugno 1940 l'Italia è in guerra.
Onorina rimane in quella ditta 4 anni, ma viene licenziata nel 1941 a causa di un diverbio con il padrone. Trova presto un nuovo impiego in una ditta che produce binari, è incaricata di compilare un inventario, frequenta i capannoni annotando tutto, conosce gli operai, impara a individuare chi è antifascista e chi no. Comincia a studiare l'inglese al Circolo Filologico di Via Clerici: in quella biblioteca circolano ancora, incredibilmente, molti libri vietati dal regime, preziosi per la sua formazione.
La fame si fa sempre più sentire, la gente non ne può più, la guerra toglie il velo a tutte le menzogne della propaganda di regime. La caduta di Mussolini il 25 luglio 1943 coglie la gente di sorpresa, festa e disorientamento sono tutt’uno, i carri armati vengono usati per disperdere la folla. Nell'Agosto 1943 Milano viene bombardata.
La città è in fiamme, colpiti il Duomo, Palazzo Reale, il Castello Sforzesco, la Scala, Sant'Ambrogio, la Pinacoteca di Brera; a Santa Maria delle Grazie il Cenacolo di Leonardo è salvo per puro caso.
Nel rifugio affollato, una sera Onorina non riesce a trattenere la gran rabbia e, salita su un tavolo, senza curarsi dei molti fascisti presenti, grida«È ora di finirla con questa guerra!» È contenta, ha tenuto il suo primo comizio antifascista.
«Secondo me sono state le donne a dare inizio alla Resistenza... la loro partecipazione fu dovuta a motivazioni personali; a differenza di molti uomini che scelsero di andare in montagna per sottrarsi all'arruolamento nell'esercito di Salò, nessun obbligo le costringeva ad una scelta di parte; fu anche l'occasione per affermare quei diritti che non avevamo mai avuto, mai come in quei mesi ci siamo sentite pari all'uomo...»
Dopo l'Armistizio dell'8 Settembre 1943 (in effetti una resa senza condizioni), i tedeschi occupano Milano, è finita una guerra ma ne sta iniziando un'altra. I soldati dell'esercito Italiano abbandonano le divise, molti diventano partigiani; i Gruppi di Difesa della Donna (che arrivano a mobilitare, fino all’aprile ’45, almeno 24.ooo donne) si occupano di procurare loro denaro, cibo, vestiti; il compito di Onorina è distribuire la stampa clandestina. Desidera raggiungere in montagna una Brigata Garibaldi, ma la sua amica Vera (nome di battaglia di Francesca Ciceri, comunista) le presenta Visone (Giovanni Pesce) che sarà il suo Comandante e futuro marito. Lui la convince a combattere nella propria città, e Onorina a marzo 1944 lascia il lavoro. “Sandra” diventa Ufficiale di collegamento del III° ー Gap “Egisto Rubini”, equivalente al grado di sottotenente dell'Esercito Italiano, decisamente più che una staffetta. Con la sua bicicletta Bianchi color azzurro cielo[2] trasporta armi, munizioni ed esplosivo, passa spesso, con il cuore in gola, in mezzo ai rastrellamenti nazifascisti. Sono le staffette a portare le armi e a prenderle in consegna dopo un'azione per evitare che i gappisti vengano sorpresi armati e fucilati sul posto.
«C'erano le rappresaglie ma, cosa avremmo dovuto fare? Smettere la lotta? In ogni caso i nazifascisti non avrebbero cessato di fare quello che facevano. Non ho mai provato pena per chi colpivamo. La guerra non l'avevamo voluta noi. Loro ogni giorno fucilavano, deportavano, torturavano. Si dovevano vincere due cose, la pietà e la paura.»
Il 24 giugno 1944 nella “battaglia dei binari” alla stazione di Greco, un bersaglio di straordinaria importanza, Sandra è il collegamento tra i ferrovieri e i gappisti e con la compagna Narva porta i 14 ordigni che, piazzati nei forni di combustione delle locomotive scoppiano simultaneamente; l'azione dei Gap viene citata da Radio Londra.
Il 12 Settembre 1944, a 21 anni, tradita da un partigiano passato al nemico (“Arconati”, Giovanni Jannelli) viene catturata dalle SS nei pressi del Cinema Argentina, nel cuore di Milano. Inizia la prigionia, la sofferenza, il distacco dalla famiglia, la tortura e la violenza fisica subita dalle SS nella Casa del Balilla di Monza, trasformata in carcere.
In attesa dell'interrogatorio cerca di farsi coraggio. Ai gappisti arrestati il Comando chiede di resistere 24 o 48 ore per permettere ai compagni di mettersi in salvo. L'interrogatorio è terribile, vogliono che lei consegni Visone, ore e ore di percosse, torture. Non parla, nessuno dei suoi compagni è compromesso.
Rimane in isolamento totale nel carcere di Monza due mesi, giornate lunghe e vuote, non può comunicare con l'esterno o ricevere notizie. È trasferita a San Vittore per soli due giorni e, l'11 novembre 1944, caricata, con altri prigionieri, su un pullman senza conoscere la destinazione.
Viene imprigionata a Bolzano in un campo di transito. Ancora oggi non si spiega perché le 500 prigioniere politiche che lì si trovavano non furono mai deportate in Germania, diversamente dalle altre 2700 donne che dall’Italia raggiungeranno i campi di concentramento. Mantiene contatti epistolari con la madre, la rassicura sul suo stato fisico e psicologico, riesce persino a scherzare: «se non fosse perché abbiamo sempre fame sembrerebbe una villeggiatura...» Lavora dapprima alla sartoria del campo, in un ambiente stretto e soffocante ma poi riesce a farsi assegnare ai lavori esterni. I tedeschi, prima di fuggire, le rilasciano persino un documento che attesta la prigionia e grazie al quale riuscirà in seguito a dimostrare la sua deportazione.
Milano era stata liberata dei Partigiani e dall'insurrezione popolare il 25 aprile. Onorina decide di non attendere l'arrivo degli americani; con alcuni compagni, sotto la neve, si inerpica sul passo della Mendola, attraversa la Val di Non e il Tonale; si fermano la notte presso i contadini ai quali chiedono cibo e riparo, sono d'aiuto i posti di ristoro dei partigiani delle Fiamme Verdi. Finalmente un pullman fornito dai comuni della zona fino a Ponte di Legno, li porta da lì a Lovere; poi in treno fino a Milano, Stazione Centrale: era il 7 maggio 1945. Con un'assurda “normalità” arriva a Lambrate, a casa, con il tram n. 7. Dalla finestra, vicina a Wanda, guarda emozionata la manifestazione dei Partigiani, rivede Visone, corre in strada, si abbracciano. Nori (come la chiamerà il marito) e Giovanni Pesce, finalmente liberi, si sposano il 14 luglio 1945, non possiedono niente, solo gioia per la ritrovata libertà e speranza per una nuova vita.
Si trasferiscono per un breve periodo a Roma, dopo l'attentato del 1948 a Togliatti, Giovanni guida la Commissione di Vigilanza, a protezione dei maggiori dirigenti del Pci. Nori trova impiego nella segreteria di Pietro Secchia, commissario politico delle Divisioni Garibaldi.
Tornata a Milano lavora alla Federazione del Pci e nella Commissione Femminile della Camera del Lavoro. Successivamente entra a far parte del Comitato Centrale Fiom metalmeccanici, dirige i lavori sindacali, organizza convegni, incontri e scioperi in difesa del posto di lavoro.
Nel 1951 Giovanni Pesce lascia il partito e trova lavoro come rappresentante di caffè; riescono a comprare casa, nasce la figlia Tiziana, non ne avranno altri, «un po' per le ristrettezze economiche e un po' perché eravamo talmente impegnati a fare i rivoluzionari di professione da non avere il tempo utile per essere genitori. Una sera Tiziana ancora bambina mi disse a bruciapelo: io ti ho conosciuto a 8 anni, mamma!»
Nel tempo il commercio di Giovanni si sviluppa e Onorina, per seguirne la parte amministrativa, lascia la sua attività politico-sindacale ma continua ad essere, per 8 anni segretaria nella sezione Pci di Via Don Bosco. Il 27 gennaio 1962 le viene assegnata la Croce di guerra per la sua attività di partigiana.
Nel 1969 Nori e Giovanni aprono un locale di liquori e vini, il Bistrot in Via Zecca Vecchia, dura solo due anni ma è una parentesi felice. Lì si ritrovano scrittori, pittori, studenti, operai. La sera, chiuso il locale, vanno in sezione a fare attività per il Pci e per il Sindacato.
Nori Brambilla Pesce è stata Responsabile della Commissione femminile dell'ANPI, Presidente dell'Associazione ex perseguitati politici italiani antifascisti per la sede di Milano e Presidente onorario A.I.C.V.A.S., l'Associazione Italiana Combattenti Volontari Antifascisti di Spagna.
«Si vuole falsificare la Resistenza, lo chiamano revisionismo ma spesso è falsificazione della storia. Noi siamo stati impegnati per tutta la vita per difendere la libertà, oggi ho 87 anni, non ho rimorsi, ho un rimpianto ma non voglio parlarne. Quando cala il sole chiudo le persiane perché non amo il buio della notte...»
Onorina ci ha lasciato il 6 Novembre 2011.

NOTE

1. Le citazioni sono tratte da Onorina Brambilla Pesce, Il pane bianco, conversazione con Roberto Farina prefazione Franco Giannantoni, Varese, Edizioni Arterigere, 2010 o da interviste video presenti in rete.
2. Vedi la scheda del libro La bicicletta nella resistenza di Franco Giannantoni e Ibio Paolucci.
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Fonti, risorse bibliografiche, siti
Onorina Brambilla Pesce, Il pane bianco, Varese, Edizioni Arterigere, 2010
Giovanni Pesce, Senza tregua, Milano, Feltrinelli 1967
Marco Pozzi, Senza tregua, Film-documentario, 2003
Su YouTube:

Luigi Cesareo

Luigi Cesareo (1953) scrive raramente. Si interessa di Spagna e del mondo che ruota intorno alla Corrida e alla tauromachia, dal quale è rimasto folgorato una mattina di luglio, a Ronda. Ha scritto alcuni racconti su questi temi. Altri incontri decisivi: Totò, Achille Campanile, Eduardo, Van Morrison. Suona il basso elettrico e ha due bambini.
Leggi tutte le voci scritte da Luigi Cesareo

jueves, 21 de julio de 2011

La Resistenza romana

Via Rasella
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23 marzo 1944 - Alle 15,30 Carlo Borsani, cieco di guerra, medaglia d'oro, celebra, nel salone di un palazzo in via Veneto, la nascita del fascismo, avvenuta 25 anni prima a Milano, in piazza San Sepolcro. E' una giornata senza nuvole, con il sole splendente. In mattinata i gerarchi e le autorità germaniche avevano assistito alla messa nella chiesa di Santa Maria della Pietà e deposto corone alle lapidi dei caduti fascisti in Campidoglio e al Verano. Borsani ha comniciato da poco a parlare quando, alle 15.52, si interrompe a causa del forte boato che rompe l'aria. Una forte carica di tritolo è esplosa a poca distanza, in via Rasella, davanti al palazzo Tittoni, mentre vi transitava a piedi una compagnia del I battaglione del Reggimento Polizei SS Bozen, composta da 156 uomini tra ufficiali, sottufficiali e truppa, in assetto di guerra, con mitragliatrici montate su carrelli in testa e in coda alla colonna. Subito dopo, due squadre dei GAP Centrali, una di sette uomini l'altra di sei, al comando di Carlo Salinari (Spartaco) e Franco Calamandrei (Cola), lanciano a mano bombe da mortaio leggero Brixia, modificate per esplodere per accensione della miccia, e sparano con armi leggere. A far brillare la mina collocata in un carrettino metallico da spazzino era stato lo studente in medicina Rosario Bentivegna, con la copertura di un'altra giovane studentessa, Carla Capponi.
Secondo la testimonianza di Bentivegna, i gappisti erano disposti per l'attacco in questo modo: lui vicino al carretto, Carla Capponi, con un impermeabile sul braccio, da mettergli addosso per coprirgli la divisa da spazzino, la pistola alla cintura sotto il golf, in cima alla via con alle spalle palazzo Barberini; Raul Falcioni, Fernando Vitagliano, Pasquale Balsamo, Francesco Curreli e Guglielmo Blasi, con Salinari nei pressi del Traforo; poco distante Silvio Serra; all' angolo di via del Boccaccio, Franco Calamandrei. Altri gappisti erano sistemati per coprirli durante lo sganciamento.
Le modalità dell'attacco: Calamandrei si era tolto il cappello, segno convenuto per avvisare Bentivegna che i tedeschi si stavano approssimando e doveva quindi accendere la miccia per poi allontanarsi rapidamente. Avvenuta l' esplosione, gli altri gappisti raggiunsero Calamandrei di corsa per sviluppare l'assalto a bombe a mano e colpi di pistola. L'azione si concluse con 32 SS uccise e 110 ferite (una sarebbe morta in ospedale il giorno dopo). I gappisti non ebbero perdite nonostante la immediata reazione dei tedeschi. Morirono invece un ragazzo e due civili. Altri persero la vita o rimasero feriti nella violenta sparatoria che si protrasse con l' arrivo di reparti tedeschi e fascisti, da questi rivolta soprattutto a colpire le finestre degli edifici più vicini, dai quali ritenevano fossero stati lanciati gli ordigni esplosivi.
L'attacco in via Rasella era stato deciso dal comando dei GAP Centrali in sostituzione dell' assalto, programmato per quel giorno, al corpo di guardia di via Tasso per liberare i prigionieri della Gestapo. Dopo un sopralluogo Fiorentini, Salinari e Calamandrei avevano ritenuto irrealizzabile quell' operazioe dato il sistema difensivo approntato dai tedeschi e avevano predisposto invece l'aggressione alla colonna tedesca che ogni giorno percorreva via Rasella ultimate le esercitazioni alla controguerriglia.
Il reggimento Bozen, come tutte le SS composto da volontari vincolati dal giuramento a Hitler, si stava infatti addestrando alla lotta contro i partigiani. Il battaglione di stanza Roma forniva anche elementi alla Gestapo in via Tasso, e avrebbe dovuto assolvere all' incarico di proteggere il personale militare e civile tedesco e fascista durante l' abbandono della capitale all' arrivo degli alleati, e, inoltre, fare da scorta ai prigionieri che da via Tasso da Regina Coeli sarebbero stati trasferiti al nord.
Al reggimento Bozen saranno addebitate le stragi di civili commesse in seguito, in Istria, nel Bellunese, a Bois e Falcade, 87 azioni di rappresaglia documentate negli archivi tedeschi di Coblenza, ricostruite da storici ricercatori altoatesini nel 1994.
L'azione di via Rasella venne riconosciuta come atto legittimo di guerra dal governo e dal parlamento dell' Italia democratica, nel 1981, dalla magistratura, nei vari gradi sino alla Cassazione (19 luglio 1953). Alcuni partecinti vennero decorati al valor militare, Presidente della Repubblica Einaudi, Capo del Governo De Gasperi
pallanimred.gif (323 byte) La sentenza della Cassazione del 1999via Rasella fu una "legittima azione di guerra"

da  http://storiaxxisecolo.it

martes, 12 de julio de 2011

GUERRA DI LIBERAZIONE NON CIVILE!



Nel centenario del Viminale gaffe sulla Resistenza

L'occupazione tedesca tra il '43 e il '45 chiamato "guerra civile"
Riprendiamo da Repubblica.it 
"Di questo Palazzo si è detto e scritto di tutto: ma il Viminale non è il palazzo dei poteri, degli intrighi e dei complotti". Così Maroni alla cerimonia dei cent'anni della sede del ministero dell'Interno celebratasi alla presenza del capo dello Stato, Giorgio Napolitano. Oggi però il Viminale è stata la sede dove s'è consumato un clamoroso strafalcione storico. Il filmato istituzionale sul centenario ha chiamato "guerra civile" il periodo dell'Occupazione tedesca dell'Italia fra il '43 e il '45. Errore voluto per presentare la Resistenza in chiave revisionistica o involontaria gaffe degli autori? Non è dato sapere: questo è uno dei tanti misteri del Viminale. Così come non si sa a quale causa attribuire la clamorosa svista sempre dello stesso video, che ha omesso (o censurato) i sei anni di repressione antidemocratica di Mario Scelba, fra il 2 febbraio 1947 al 7 luglio 1953. In ogni caso, il filmato non è più disponibile sul sito del Viminale, come era stato annunciato.

L'errore storico ha suscitato sdegno e proteste nel mondo politico e dei Partigiani. "È stata un guerra di Liberazione - ha commentato dal letto dell'ospedale Armando Cossutta, ex partigiano e vicepresidente dell'Anpi - dire che è stata una guerra civile è sbagliato".
"Ancora una volta - ha aggiunto il presidente dell'Anpi - Carlo Smuraglia- s'è parlato di "guerra civile"a proposito della Resistenza che è una delle pagine più gloriose della storia italiana e non deve essere assolutamente deformata cercando di ridurne la portata di ridurla a guerra civile. È stata guerra di Liberazione per liberare l'Italia dalla dittatura fascista e dall'Occupazione tedesca. Appena 5 giorni fa sono stati dati 9 ergastoli ai nazisti autori degli eccidi negli Appennini tosco-emiliani, la prova che i nemici da combattere, che sterminavano la popolazione civile inerme, erano i tedeschi. Che poi alleati coi tedeschi ci fossero anche i fascisti che hanno voluto combattere fino alla fine con loro non muta il carattere fondamentale della guerra di Liberazione. Sorprende che dopo tanti anni di distanza, da una sede autorevole e istituzionale come il Viminale e davanti al presidente della Repubblica, esca ancora il tentativo di ridurre una pagina  meravigliosa della storia del Paese a una lotta fratricida".

"Chiamare guerra civile la lotta di liberazione che sconfisse in Italia i fascisti e i nazisti - ha commentato Emanuele Fiano, responsabile Pd del forum sicurezza - è un atto di barbarie storica che riporta indietro l'orologio della nostra cultura comune. Non ci fu nessuna guerra civile, ma la maggioranza del Paese si ribellò e ci liberò dalla nostra dittatura prima ancora che dall'Occupazione straniera. Le ricostruzioni storiche che vengono promosse dal ministero dell'Interno dovrebbero salvaguardare questa visione storica che è quella su cui si fonda la democrazia repubblicana nella quale viviamo oggi".

domingo, 3 de julio de 2011

Marcia di Brunete

L’Associazione Nazionale Partigiani d’Italia sezione Spagna, il giorno 2 luglio
ha partecipato alla marcia commemorativa della battaglia di Brunete.

La XII divisione italiana delle Brigate Internazionali, chiamata poi
Battaglione Garibaldi, partecipò a una delle più sanguinose battaglie della
guerra civile spagnola.

20.000 Repubblicani persero la vita insieme a 17.000 franchisti.

Fra i feriti Giovanni Pesce, detto Visone, medaglia d’oro al valor militare.

Alla marcia, che ha percorso 7 km fino ad un posto di comando delle forze
repubblicane, svoltasi sotto lo stesso sole cocente che allora tormentava i
valorosi combattenti (fra il 6 e il 23 luglio del 1937), hanno partecipato
inglesi, irlandesi, tedeschi e italiani in ricordo delle Brigate
Internazionali.

L’Anpi Spagna ha voluto onorare la memoria degli antifascisti italiani che vennero
a difendere la Repubblica Spagnola attaccata dai franchisti.

SENZA MEMORIA NON C’È FUTURO è il motto che meglio rappresenta la volontà
dell’Anpi Spagna di ribadire il nostro netto  NO al fascismo e  a qualsiasi
equiparazione fra Partigiani e Repubblichini come vorrebbe la recente
proposta di legge Fontana (PDL).p

“NO PASARÁN”

















viernes, 1 de julio de 2011

Comunicato stampa

Signs of the Civil War in Sant Felip Neri Square, Gothic Quarter, Barcelona, Catalonia, Spain, Europe. 


Marco Cristofori/gettyimages


La nascente sezione spagnola del' Associazione Nazionale Partigiani d'Italia parteciperà domani sabato 2 luglio alla V marcia di Brunete. 

Si tratta di un circuito di 7 km sui luoghi della battaglia di Brunete, uno degli scontri più sanguinosi della guerra civile spagnola dove perirono 20.000 repubblicani e 17.000 franchisti, alla quale parteciparono anche  le Brigate Internazionali. 

Giovanni Pesce detto Visone, medaglia d'oro al valor militare, fu ferito in questa battaglia.

SENZA MEMORIA NON C'È FUTURO  è  il motto della manifestazione alla quale partecipano oltre ad ANPI SPAGNA, A MADRID SI MUOVE UN ALTRA ITALIA, SINISTRA ECOLOGIA E LIBERTÁ SPAGNA, ASSOCIACIÓN AMIGOS DE LAS BRIGADAS INTERNACIONALES e BRUNETE EN LA MEMORIA.

Con la partecipazione a questa marcia, dalla Spagna si vuole ribadire il rifiuto del fascismo e la netta condanna di tutti i revisionismi della storia della Resistenza e della Guerra di Liberazione. 

La proposta di legge Fontana (PDL) che vuole equiparare Repubblichini e Partigiani è solo un aspetto della strategia di revisione della storia volta a sdoganare il fascismo e l'esperienza del governo fantoccio al soldo del nazismo della Repubblica Sociale Italiana.

Le azioni violente del' organizzazione pseudo-sociale neo-fascista Casa Pound o le proposte di targhe ricordo per componenti della famigerata banda Koch a Milano trovano sostegno nelle istituzioni dove risiedono sedicenti ex-fascisti che solo vogliono rivalutare un'esperienza condannata inesorabilmente dalla storia e dalla democrazia.

Come dicevano i Repubblicani spagnoli     "NO PASARÁN !!!"


Marco Cristofori, fiduciario Anpi Spagna

miércoles, 29 de junio de 2011

La Marcha de Brunete



Este sabado se recuerda la batalla de Brunete en los campos alrededor de Madrid. Esos campos vieron luchar y morir miles y miles de seres humanos de todas partes del mundo, muchos de Italia con la Brigada Garibaldi que fue la base de la lucha antifascista que liberó Italia de esa dictadura a finales de la II guerra mundial.

Esos y esas jovenes no dudaron en morir en defensa de las libertades democraticas atacadas por el bando franquista en España y por los fascismos en el mundo. Multitudes llegaron a creer en el mito de la raza pura y en nombre de eso desataron sus instintos, usaron la violencia como acto de represión y mataron seres humanos por ser diferentes. En España sobre todo en contra de los “rojos” y las mujeres; en Europa en contra de pueblos, como el judio y el gitano o identidades consideradas debiles cuales las con discapacidad, la homosexual y la lesbiana.

Esa historia tan lejana ES la historia de una sociedad sobre todo joven que creía en otra vida posible, más abierta y democratica para todos y todas. Muchos y muchas desaparecieron y no tienen hoy ni el derecho al recuerdo ni a una tumba. Este campo ES una de esas muchas tumbas y representa la MEMORIA en contra del olvido.

Recordar la historia de otros momentos de la vida humana sirve para no volver a repetir los mismos errores y para no olvidar quienes lucharon y sufrieron en nombre de valores como las libertades y los derechos civiles y humanos para todos y todas.

El principio del siglo XX ve en Europa la posibilidad real de ampliar los derechos a los ciudadanos y las ciudadanas de clase obrera y campesina. Algo intolerable para las lobbies de la epoca. Las crisis finacieras y economicas del 1929 y el estricto poder de los grupos politicos conservadores cerró las posibilidades a jovenes democracias como la española y la alemana. Las consecuencias seran violencia, guerras, muerte, hambre, diasporas, sufrimiento, silencio y olvido además de la manipulación de los hechos en los cuentos de los ganadores y la desaparición de la verdad historica.

Hay que volver a recuperar el cuento de esos miles de jovenes que viajaron hacia España procedentes de todo el mundo, entre ellos y ellas muchos y muchas desde Italia, para apoyar y salvar el unico rincón del mundo donde otro mundo posible estaba en construcción, atacado en ese momento por los nostalgicos de la restauración que fueron los franquistas. Hay que volver a recuperar el cuento dentro de la sociedad española, en las familias, en los libros de historia, entre la ciudadanía. Gente sin creatividad y sin visión del futuro se hicieron con el poder con violencia inuhumana y quitaron cualquier posibilidad de futuro y de cambio democratico para la sociedad española y para la europea despues. Esos fueron los franquistas y las dictaturas fascistas de Europa y del mundo.

Nos arrebataron hasta la memoria y nos encerraron en el olvido.

Una sociedad europea que todavía queda atrapada al sueño que la libertad es cumplir con el acto de poder adquirir propiedades y llegar a pertenecer al mundo de quienes poseen, es una sociedad sin futuro. Ese sueño internacionalista de la humanidad en camino para conseguir derechos y ampliar libertades para más seres está todavía sin cumplir pero en camino entre el sufrimientos y la tristeza de los muchos y muchas que seguimos perdiendo por ese camino.

Hay que volver a recuperar ese espiritu altruista y de amor a la vida que llevó a miles de jovenes a morir en nombre de la libertad para todos y todas. Hay que sacar sus cuentos y hacer memoria desde el silencio en que más de cuarenta años de dictatura franquista y las necesidades de otras lobbies les han sometido.

Hay que volver a recuperar ese espiritu internacionalista.

Hay que hacerlo para poder construir una identidad real y posible en España, en Europa y en todo el mundo, que tenga en cuenta del valor de la memoria así como de la justicia, de la legalidad, de la trans- formación y del la r-evolución para todos los seres humanos.

Por ello hay que apoyar a quienes luchan por las libertades en cada rincón del mundo, apartando las divisiones por naciones. Nuestra lucha no es la de las naciones de las lobbies, es la lucha internacionalista pacifica hasta lo posible porque la guerra y la violencia son horrores que ninguna sociedad tiene que volver a sufrir. Es la lucha de los y las que apuestan por la libertad como valor para toda la humanidad. Por ello tenemos que estar a lado de quienes en cualquier rincón apoyan y defienden esa causa.

Porqué esa R-esistencia que todos y todas cumplieron y que nosotros y nosotras continuamos en nuestras vidas rotas por el dominio de los grupos dominantes, no tiene sentido si no será capaz de contar la memoria y hacer del recuerdo un rincón de paz y amor compartido.

Desde Italia y como ciudadanía internacionalista afincada en Madrid y en España, en red con toda la humanidad, llevamos adelante iniciativas de recuperación de la memoria y de fortalecimineto de la ciudadanía en los valores democraticos universales para la r-evolucion de las sociedades, sin olvidar la memoria de la humanidad pasada, en nombre de la R-esistencia y del Antimafia (ver en este mismo blog los programas de iniciativas sobre mafias y Resistencia que han tenido lugar en 2010 y 2011 en Madrid).

En el recuerdo de esa juventud y en nombre de toda la humanidad en camino que apuesta por una r-evolución de lo humano hacia la democracia real, r-esistiendo un día tras otro.

Somos antifascistas e internacionalistas. Rechazamos el racismo, la homofobia, el sexismo, el antisemitismo (entendiendo semitas = judios y arabes), las mafias. Todo aquello basado en la exclusión de la verdad histórica y de cualquier ser humano de la participación.

¡W la libertad!

Elisabeth Donatello

Participan: A Madrid si muove un’altra Italia (En Madrid se mueve otra Italia), Anpi Spagna (Asociación Nacional Partesanos/as de Italia), SEL Madrid (Partido Italiano de Izquierda, Ecología y Libertad, circulo de Madrid)

Adhesiones: amadridsimuoveunaltraitalia@gmail.com, anpispagna@gmail.com, sel.madrid@yahoo.com

Detalles:

El sabado 2 de julio nos reunimos en Colmenarejo, en la entrada de la urbanización Los Ranchos, desde donde saldremos a las 9 horas. La marcha que proponemos nos permitirá descubrir par te de la retaguardia y algunos observatorios republicanos de la mitad oriental del que sería campo de batalla de Brunete en julio de 1937, el mismo terreno que fuera unos meses antes, en enero de ese mismo año, límite oeste de la batalla de la Niebla, sostenida por la posesión de la carretera de la Coruña y su entorno. La pista que tenemos pensado seguir une los pueblos de Colmenarejo y Villanueva del Pardillo y tuvo con seguridad una gran importancia militar en las operaciones antes mencionadas y en los periodos de frentes estabilizados, porque permitió (sobre todo en la batalla de Brunete) el movimiento de tropas y suministros republicanos en los dos sentidos entre la primera línea y la vital carretera Torrelodones – Villanueva de la Cañada, vía fundamental para el mantenimiento de la ofensiva que bajando de la sierra debía internarse en el llano. A medio camino entre Colmenarejo y V. del Pardillo conoceremos la Casa Palata, una construcción actualmente en ruinas que sirvió como puesto de mando avanzado para el XVIII Cuerpo de Ejército. Su situación, a pocos metros de la cumbre de uno de los cerros más altos de la zona, permite la observación de toda el área de acción del XVIII CE y de buena parte de la del V CE, su vecino por el Oeste. La vuelta la haremos por el mismo camino que usamos en la ida, ya que lamentablemente no disponemos de otra alternativa que nos permitiera que la marcha fuera circular. Lógicamente, recomendamos llevar calzado cómodo, mucha agua, sombrero, pantalón largo, protección solar y prismáticos. La ruta resulta cómoda y no es muy larga, son unos 3 km por trayecto (total 6). La hora previsible de regreso a Los Ranchos sería entre las 13’00 y 14’00 horas.

domingo, 26 de junio de 2011

FAI PARTE DELLA STORIA !!!

                                                                         LA SEZIONE ANPI SPAGNA NASCERÀ UFFICIALMENTE A SETTEMBRE. NEL FRATTEMPO CHI VOLESSE ISCRIVERSI PUÓ FARLO CONTATTANDO QUI O ALL'EMAIL ANPISPAGNA@GMAIL.COM. LA TESSERA VERRÀ SPEDITA GRATUITAMENTE AI NON RESIDENTI A MADRID I QUALI POTRANNO INTERVENIRE E VOTARE ALLA RIUNIONE DI FONDAZIONE VIA SKYPE

sábado, 18 de junio de 2011

La penetrazione delle mafie in Spagna: come combatterla

Intervento all'incontro sulla cooperazione Internazionale contro le mafie.

Permettemi di fare una piccola introduzione sull’Associazione Nazionale dei Partigiani d’Italia prima di affrontare l’argomento della serata.

Molti di voi si diranno “se questo è un partigiano, io sono Padre Pio”.
In effetti anche se dimostro meno anni di quelli che ho non ho fatto la Resistenza, e ovviamente non ero nemmeno nato a quei tempi.

Il fatto è che l’Anpi qualche anno fa decise di aprire le iscrizioni a tutti quelli che condividevano il suo statuto.

Ovviamente la scelta è stata presa anche per evitare l’estinzione naturale dell’Associazione.
L’apertura dell’adesione all’Anpi ha determinato uno tsunami di tessere.

Siamo ormai circa 130.000, siamo presenti in tutte le province italiane e all’estero siamo in Repubblica Ceca, Belgio, Inghilterra, Germania, Francia e ora in Spagna.

I nostri compiti fondamentali sono l’antifascismo, la difesa della Costituzione e della Democrazia.

Anche se la Resistenza è in larga parte opera dei comunisti, vorrei ricordare che hanno partecipato alla guerra di liberazione tutti i partiti di allora eccetto, ovviamente, il partito fascista; dai repubblicani ai socialisti, dai cattolici ai monarchici.

Interveniamo su molte questioni della vita política e sociale italiana. Per esempio recentemente abbiamo chiesto come molti le dimissioni di Berlusconi, ma ci tengo a dire che la nostra richiesta si basa sul fatto che la sua condotta infrange un articolo della costituzione che ci è molto caro, precisamente quello che riguarda la dignità delle Cariche Istituzionali.

Abbiamo preso posizione ed aiutato i comitati per i si ai referéndum perchè crediamo che la legge debba essere uguale per tutti e perchè il popolo italiano si era già espresso a suo tempo contro il nucleare. 

Stiamo combattendo con tutte le nostre forze contro il revisionismo storico del volemose bene che vuole equiparare i repubblichini fascisti, marionette manovrate dall’ occupante nazista, con i partigiani protagonisti della guerra di liberazione e sottolineo di liberazione, non civile.
L’ultimo assalto alla Costituzione è  la recente richiesta di un deputato del PDL di revisione della disposizione transitoria  della stessa carta costituzionale che vieta la riorganizzazione del partito fascista.

Qui, invece fra pochi giorni lanceremo ufficialmente la sezione Spagnola dell’ANPI. Abbiamo già svolto alcune iniziative insieme all’Associazione A Madrid Si Muove Un’ Altra Italia. Siamo in contatto con l’Associacion Amigos de las Brigadas Internacionales per quanto riguarda la memoria storica
Con il nome di ANPI SPAGNA potete trovarci nel nostro Blog, su Twitter e su Facebook  e fra poco avremo una sede física di riferimento.

Ma se siamo qui presenti è perchè fra i tanti temi che l’Anpi affronta c’è anche quello delle mafie.
Le cosche rappresentano una forma di tirannia perchè privano il cittadino dei suoi diritti fondamentali come quello della libertà di impresa, del diritto al lavoro e della libertà di espressione e a proposito di libertà di espressione, Elisabeth è  qui a rappresentare la Casa Memoria Felicia e Peppino Impastato.

Molte  delle risorse umane  sono costrette ad emigrare viste le oggettive difficoltà a vivere e prosperare nelle zone infestate dal fenomeno mafioso.
Le istituzioni tendono ad essere asservite agli interessi delle cosche ma, addirittura, come ben sapete,  succede che le cariche istituzionali  stesse appartengano alle varie mafie

Tutto ciò rende vitale l’impegno di tutte le forze democratiche affinchè se ne eviti la ramificazione  combattendola con l’arma della giustizia ma soprattutto con la cooperazione, l’informazione e l’educazione a tutti i livelli.

Il  movimento dei Fasci Siciliani nel 1891, quando i contadini si organizzarono contro i latifondisti, esplicitò chiaramente il conflitto mafia-lavoratori.
Anche se all’inizio alcuni piccoli mafiosi si schierarono dalla parte dei contadini sfruttati, successivamente la Mafia contribuí in maniera determinante alla repressione violenta della ribellione.
I contadini siciliani che venivano chiamati jurnatara perchè lavoravano dall’alba al tramonto, avevano diritto solo a un quarto del raccolto al netto delle varie tasse, chiamate diritti, come quello di messa per il prete, il diritto all’olio per la candela e il famigerato diritto di maccherone che riguardava la protezione del contadino.

Questo tributo-estorsione è infatti l’origine della parola pizzo che viene appunto  da “fari vagnari ‘u pizzu” cioè bagnarsi il becco nel piatto altrui.
È chiaro da subito quindi che la mafia si schiera contro il progresso civile e l’emancipazione dei lavoratori.

Fra i tanti che pagarono con la vita la loro battaglia a favore del movimento contadino e per l’occupazione delle terre vorrei ricordare Placido Rizzotto che fu assassinato dalla mafia  nel marzo del 1948 a Corleone.

Dopo l’8 settembre Placido si unì alle Brigate Garibaldi e dopo la liberazione tornato a Corleone divenne presidente dell’ANPI e ritenuto colpevole di organizzare i contadini attraverso la camera del lavoro e la Cgil fu ucciso dal clan di Luciano Liggio.

Oggi la cooperativa Libera Terra produce un vino con il nome del partigiano vittima di cosa nostra, le uve provengono da vigne confiscate alla mafia ed è stato anche girato un film sulla sua storia

La scelta dei partigiani fu una scelta volontaria, al contrario della leva obbligatoria.

Chi scelse coscientemente di mettere in gioco la propia vita lo fece con la stessa determinazione di chi decide di fare il giudice in zone dove il fenomeno mafioso si esprime al peggio.
I giudici che combattono le cosche incarnano gli stessi ideali e la stessa determinazione dei partigiani.

C’è un passo nell’agenda di Borsellino che rende chiara la coscienza del mettere in gioco la propia vita come fecero i volontari che parteciparono alla guerra di liberazione.

Mi uccideranno, ma non sarà una vendetta della mafia, la mafia non si vendica. Forse saranno mafiosi quelli che materialmente mi uccideranno, ma quelli che avranno voluto la mia morte saranno altri.”

A propósito di coscienza del rischio voglio anche citare uno dei padri della nostra Costituzione, il partigiano Piero Calamandrei in una delle sue frasi più celebri pronunciata durante un discorso al teatro lirico di Milano . Oggi potrebbe apparire un po`  retorica ma vi prego di calarvi nell’atmosfera del tempo.  
“Quando io considero questo misterioso e miracoloso moto di popolo, questo volontario accorrere di gente umile, fino a quel giorno inerme e pacifica, che in una improvvisa illuminazione sentì che era giunto il momento di darsi alla macchia, di prendere il fucile, di ritrovarsi in montagna per combattere contro il terrore….” e poi conclude:  “era giunta l'ora di resistere; era giunta l'ora di essere uomini: di morire da uomini per vivere da uomini”

La Mafia in Spagna va combattuta con l’arma della cooperazione internazionale perchè questa è la dimensione sulla quale si misurano le cosche.
Ovviamente la repressione del fenomeno mafioso è fondamentale per lo sviluppo del benessere dei cittadini. Ma l’aspetto giudiziario non può essere separato dalla denuncia , dall’informazione e dall’educazione. 

Questo è il nostro compito. Qui noi abbiamo il nostro da fare.

Dobbiamo per esempio smantellare l’idea romantica del mafioso che tanti film hanno veicolato o la credenza secondo la quale i mafiosi si fanno i loro affari e non ci riguardano. E`dovere di tutti e di ognuno denunciare i fenomeni mafiosi per permettere il naturale sviluppo della società civile.

Concludo citando ancora Borsellino che già molti anni fa aveva inquadrato la via da percorrere per battere le mafie.

 «La lotta alla mafia diceva nel discorso ai cittadini siciliani  (primo problema da risolvere nella nostra terra, bellissima e disgraziata) non doveva essere soltanto una distaccata opera di repressione, ma un movimento culturale e morale, anche religioso, che coinvolgesse tutti, che tutti abituasse a sentire la bellezza del fresco profumo di libertà che si oppone al puzzo del compromesso morale, dell'indifferenza, della contiguità, e quindi della complicità. »
Marco Cristofori, Anpi Spagna
foto Lucio Colavero