jueves, 28 de julio de 2011

NO AL REVISIONISMO STORICO. FU GUERRA DI LIBERAZIONE, NON CIVILE




Nel corso di una cerimonia al Viminale, qualche giorno fa, la Resistenza è stata – incredibilmente – ridotta al livello di una “guerra civile”, fatto tanto più grave in quanto compiuto nel corso di una Cerimonia ufficiale, nella quale è particolarmente disdicevole una ricostruzione che fa violenza alla storia ed alle pagine gloriose della Resistenza. Un fatto grave, ma occasionale? Non si direbbe, visto che nel corso della parata, anch’essa ufficiale, per il 2 giugno, la Resistenza è stata completamente ignorata, non solo nelle presenze fisiche, ma anche in ciò che ha detto la voce narrante.
Ma anche ad altri livelli, meno autorevoli, accadono cose analoghe, se non addirittura peggiori. Un giornalista ha presentato, sabato sera, in televisione, Piazza Loreto come un massacro, una macelleria, riferendosi naturalmente alla salma di Mussolini. Neppure una parola sui precedenti e sul fatto che in quella piazza, il 10 agosto 1944, erano stati uccisi e lasciati a lungo, sul selciato, al sole, quindici partigiani e antifascisti, invitando (sarebbe meglio dire costringendo) i cittadini a guardare l’orribile spettacolo, evidentemente a scopo intimidatorio.
C’è, evidentemente, un problema politico e perfino un problema culturale. Quello politico sta nel fatto che anche a livello ufficiale si vuole ignorare o delegittimare la Resistenza, trasformando la guerra di Liberazione in una guerra fratricida. Il revisionismo, insomma, continua imperterrito a cercare di nascondere o degradare le pagine più belle della nostra storia. E questa è, in realtà, una vergogna, storicamente e politicamente. Ma c’è anche un profilo culturale, che va sottolineato, se simili posizioni possono passare, più o meno inosservate, anche in occasione di trasmissioni televisive di puro intrattenimento. C’è, insomma, chi – ancora oggi –non ha digerito la Resistenza e continua a pensare che il fascismo sia stato un fenomeno limitato e bonario; evidentemente la cultura democratica che avrebbe dovuto insediarsi ad ogni livello, nel nostro Paese, dopo la Costituzione, nata dalla Resistenza, non riesce ancora ad occupare il ruolo che le spetterebbe, diventando “diffusa” e patrimonio di tutti i cittadini. Questo ci impone una riflessione attenta ed un impegno ancora più forte per valorizzare non solo la Resistenza, ma anche i principi che la attraversarono e costituirono il fondamento della Costituzione; e richiede un impegno altrettanto forte per contrastare ogni forma di negazionismo e revisionismo, esplicita o mascherata. CARLO SMURAGLIA presidente ANPI

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